sabato 24 marzo 2018

TURISTI IN SRI LANKA (con foto!!!!)


Beh, turisti per modo di dire… in realtà durante questa sosta dobbiamo provvedere ad alcune riparazioni, la più importante delle quali è sul dissalatore e ci mette un po' di apprensione, perché affrontare l’oceano indiano senza autonomia di acqua è un bel problema.
Ma procediamo con ordine; lunedì 12 marzo prendiamo accordi con il Port Control di Galle via VHF canale 16 per entrare in porto e assolvere alle formalità: ci dicono di ancorare davanti all’imboccatura del porto ed attendere la “Navy”, che controllerà i documenti e ci scorterà all’ormeggio.
È prudente ancorare ad una certa distanza, per non intralciare le manovre di entrata e uscita delle grosse navi; prendiamo nota degli appunti di altri navigatori e fissando come riferimento un piccolo scoglio appena affiorante circa 800 metri ad ovest dall’ingresso del porto, caliamo l’ancora a metà strada (6°01.906’N 80°13.410’E, su 7 metri di fondale sabbioso).
La Navy non si fa attendere molto e, dopo un veloce controllo, rimane a bordo fino al piccolo marina all’estremità est del porto, oltre il Closenburg Pier. La cartografia non è dettagliata né precisa (ci pone con la barca a terra), le profondità sono regolari, circa 3,5 metri in bassa marea, escursione media di 80 cm. All’interno del marina non c’è onda, ma in compenso una corrente costante crea una discreta risacca che mette a dura prova cime e parabordi.

Dylan, giovane collaboratore del nostro agente, è già sul posto per aiutarci con le cime ed assisterci durante le formalità; tutto si svolge in tempi rapidi, anche se abbiamo la sensazione di essere precipitati in una sorta di burocrazia medievale: quando è il turno dell’addetto all’immigrazione, nel salutarci si rivolge al nostro agente per chiedere se c’è un omaggio per lui, poi vedendo il nostro imbarazzo (non eravamo assolutamente preparati), fa segno di lasciar perdere e se ne va.
Arriva poi la custom (dogana), un ufficiale in divisa sui 45 anni, che ci chiede le quantità di alcool, vino, birra, sigarette e tabacco stivate abbiamo a bordo. Naturalmente mentiamo spudoratamente, ma lui si limita a voler vedere le quantità dichiarate, senza fare ulteriori domande o ispezioni.
Durante il nostro ancoraggio al Watering Point avevamo conosciuto l’equipaggio di un catamarano della Sail Lanka, società di charter che fa attività sulla costa, ma ha la base a Merissa, circa 14 miglia più a sud; avevamo letto sul blog di Adina, una barca di inglesi passati di qui nel 2016, che avevano trovato un buon posto a Merissa, dove lasciare la barca in custodia e potersene andare in giro per più giorni.
Questa soluzione ci allettava; oltretutto una base di charter, solitamente, è anche attrezzata per riparazioni varie. Quando abbiamo esposto al nostro agente questo desiderio, ci ha subito stroncato: “Difficilmente potete ottenere il permesso di navigazione per Merissa, perché è un porto privato; Adina, che è stata nostra cliente, è stata l’ultima barca che ha potuto andarci”.
Ciononostante alla fine della visita esponiamo le nostre esigenze all’ufficiale della custom, il quale, stupendoci, ci dice che non c’è alcun problema, possiamo andare tranquillamente a Merissa e lo ripete anche all’agente.
“Bene - diciamo all’agente - è tutto risolto”, ma questi di rimando: “Non fidatevi, questo ha detto sì, ma se quando tornate per l’uscita c’è in turno un altro ufficiale potreste avere difficoltà (o peggio) per lasciare il paese, lasciatemi verificare nelle sfere alte”.
Dylan ci consiglia di chiamare un certo Paul se abbiamo bisogno di spostarci per andare in città o per negozi; Paul è un autista di tuk-tuk, così sono chiamati i piccoli taxi a 3 posti, una sorta di Ape Piaggio a tre ruote; lo chiama per noi, così possiamo recarci all’ATM e prelevare valuta locale, comprare la SIM card e fare un po' di spesa.

Dopo l’acquisto della SIM card un’altra sorpresa: a causa di violenti scontri avvenuti alcuni giorni fa tra la minoranza musulmana e i buddisti il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e bloccato tutti i social media: quindi niente WhatsApp e Facebook!
Prima di sera arriva la risposta definitiva sull’ipotesi di spostarci a Merissa: è negativa, con la barca non ci possiamo muovere e quindi siamo costretti a restare a Galle. È la prima volta che ci capita una situazione del genere e siamo un po' amareggiati, ma le cose da fare sono tante e ci rassegniamo velocemente a prescrizioni e divieti.
Riprendiamo la manutenzione. Il dissalatore, croce e delizia di questa barca, ci ha mollato nuovamente: prima il motore 220V, che però abbiamo riparato in quanto si trattava solo del condensatore in corto, ma ora il guasto è sul tubo di mandata ad alta pressione, che non posso sostituire pur avendo il ricambio perché si è tranciato il filetto sulla flangia della membrana dove va avvitato.
Mi metto in contatto con il nostro dealer in Italia, che mi rassicura: si possono ordinare i ricambi e rimettere tutto a posto. Finalmente una buona notizia! Chiamo il nostro agente per avere l’indirizzo della spedizione, ma ancora una volta mi cadono le braccia: “A meno che non sia assolutamente necessario, vi sconsiglio di farvi spedire qualsiasi cosa qui, perché pur essendo tax free, il governo manda un commissario appositamente dalla capitale ed oltre alle spese di trasferta aggiungono tasse discrezionali, indipendenti dal valore e dal volume della merce”.
OK, passiamo al piano B: i nostri amici Umberto ed Ornella ci raggiungeranno alle Maldive fra circa tre settimane, così chiediamo loro di portarci i ricambi, e nel frattempo cercheremo di fare una riparazione di emergenza. Sarà comunque necessario partire con una buona scorta di acqua.
La riparazione di emergenza riesce solo in parte: il filetto è stato ricostruito facendo tagliare da una officina la parte guasta e saldando un nuovo terminale, però rimontata la flangia sulla membrana la tenuta con l’alta pressione è scaduta e c’è un po' di sgocciolamento.
Paul, il tuk-tuk driver, ci segnala un negozio di elettronica dove eseguono anche riparazioni, abbiamo l’inverter e il winch di sinistra con la scheda elettronica guasta. Purtroppo, nonostante la buona volontà del tecnico, non riusciamo a risolvere proprio niente, e anzi ci ritroviamo nel conto dell’agente 25 US$ in più, per il “Pass” concesso al tecnico per entrare nell’area portuale.
Nel marina ci sono altre 4 barche, con due delle quali, australiane, facciamo amicizia e ci scambiamo inviti per aperitivi e cene.
Terry è su un catamarano ed è diretto in Mar Rosso, via Maldive, Madagascar. Gary è su un ketch in ferro, molto spartano, da 32 anni vive in barca e fa il giramondo, ne ha viste e fatte di tutti i colori; con lui c’è Maurizio Furlan, ospite per un paio di mesi, australiano al 100% anche lui, ma con genitori italiani di Asiago, emigrati nel 1930. Tutti sono nostri coetanei.
A Galle, tra un giro e l’altro, visitiamo la fortezza, situata sul lato opposto della baia: era la vecchia cittadina coloniale costruita dagli olandesi ed ora è occupata quasi esclusivamente da alberghi e ristoranti.

Per la prima volta dall’inizio del giro (2012), decidiamo di fare i turisti e di lasciare Refola per 3 giorni, dopo esserci assicurati l’elettricità in banchina per far fronte alla sete di corrente dei nostri tre frigoriferi pieni di leccornie. Si uniscono a noi anche Terry e Maurizio, mentre Gary rimane a bordo a fare la guardia alle barche.

Il programma è serrato: sabato mattina alle 7.50 treno fino a Colombo, la capitale dello Sri Lanka. Qui ci separeremo temporaneamente dai nostri compagni di viaggio: noi andremo a trovare i familiari di Marcus, da anni nostro collaboratore domestico a Verona, che vivono a Negombo, piccolo centro una trentina di km più a nord. Terry e Maurizio prenoteranno anche per noi un hotel in città, e ci rivedremo la sera.
Domenica proseguiremo su Kandy, meta turistica a 500 metri di altitudine, che si raggiunge in treno con un itinerario panoramico. Lunedì rientro a Galle.
La nostra deviazione a Negombo è stata fantastica. Michele, amico di famiglia dei nostri conoscenti, è venuto a prenderci alla stazione; anche lui ha lavorato a Verona per 14 anni, poi è rientrato al suo paese con la moglie e i due figli. Ora ha investito i suoi risparmi nell’acquisto di due barche da pesca d’altura, che affitta ottenendo anche una percentuale sul pescato.
Il porto dei pescherecci è sulla strada per Negombo, così Michele vi ha fatto una sosta per mostrarci un’altra barca, simile alla sua, i cui proprietari sono un veronese ed uno srilankese: come si chiama questa barca? Verona- Lanka, naturalmente!

Lunga 15 metri, esce con un equipaggio di 6 pescatori oltre il comandante, con le stive cariche di ghiaccio ed esche di pesce azzurro congelato. Percorre centinaia di miglia per mettere in acqua una linea che le boe tengono sospesa a 20 metri dalla superficie, da cui si dipartono migliaia di ami che scendono di ulteriori 20 metri sottacqua. Per poterle individuare facilmente al momento del recupero, alcune boe sono dotate di segnale radio. Quando la stiva è piena di pescato o si è superato un mese di permanenza in mare, rientrano; vendono il pesce, pagano le spese e dividono il ricavato. Quando va male, rientrano appena con le spese.

A casa di Marcus troviamo ad attenderci la moglie Christine con la figlia, che avevamo già conosciuto a Verona. Sono contente di vederci, Christine ha preparato per noi un pranzo sontuoso, accompagnato da una bottiglia di vino italiano, spedita appositamente da Marcus.


Facciamo i nostri più sinceri complimenti a questa giovane famiglia; grazie al lavoro di Marcus hanno costruito una casa bellissima, che unisce il gusto locale tradizionale alle comodità tipiche delle nostre abitudini occidentali.
Nel tardo pomeriggio Michele ci riaccompagna a Colombo, dopo averci fatto conoscere la sua famiglia e a sua volta mostrataci la sua grande casa, poco distante, con un bellissimo e vasto giardino.

L’appuntamento a Colombo con Terry e Maurizio è all’hotel che hanno prenotato in centro, in una via stretta, piena di negozi di ori e pietre preziose. Quando arriviamo sul posto, una volta individuata la meta, restiamo allibiti: “l’hotel” non ha un vero e proprio ingresso, bensì vi si accede dalla strada attraverso uno stretto corridoio (due persone non possono passare contemporaneamente) che conduce ad una lercia scala interna.

Al secondo e terzo piano ci sono le “camere”: bui sgabuzzini senza finestre, con WC e simil-doccia privata dall’aspetto davvero poco invitante. Lilli ed io non siamo troppo schizzinosi, ma un tugurio è un tugurio… ciliegina sulla torta, la “nostra” stanza ha anche l’aria condizionata guasta, quindi l’aria è irrespirabile.
Il gestore, vedendo le nostre reazioni, dice “Ma abbiamo anche una stanza più arieggiata” e ci mostra un altro orrendo sgabuzzino con grate di mattoni sopra la porta, che prendeva aria dal corridoio… “No grazie” rispondiamo il più gentilmente possibile, salutiamo i nostri amici e ci diamo appuntamento l’indomani in stazione per prendere il treno per Kandy.
Abbiamo un altro indirizzo, lì vicino, già visitato da Terry e Maurizio, che lo avevano scartato perché aveva una sola stanza libera, ma ci rendiamo subito conto che non è molto diverso dal precedente; il proprietario, comunque molto cortese, ci fornisce indicazione per un vero hotel, con tanto insegna, reception, sala di attesa, 30 € /notte anziché 13 € del tugurio.
La sera mangiamo in un simpatico ristorante indiano, frequentato da gente locale, ma rimaniamo delusi della città: alle 8 di sera le strade sono semideserte, sporche e buie e siamo in centro città!
L’indomani alle 8.30 siamo alla stazione, ritroviamo gli amici australiani e prenotiamo l’intercity per Kandy, carrozze riciclate da qualche paese più ricco, ma posti numerati. Il viaggio dura circa 2 ore e trenta minuti e nella seconda parte risale con ampie curve fino a quota 500 metri, con una bella vista sulla verde vallata.
Arriviamo con mezz’ora di ritardo a causa di rallentamenti e lavori lungo la linea.

Questa volta ci siamo informati su internet per la prenotazione alberghiera ed abbiamo alcuni indirizzi; essendo Kandy una città molto turistica, c’è ampia scelta. Il primo che andiamo a vedere è in centro, non eccezionale, ma le camere sono grandi, finestrate, con aria condizionata. Il gestore ci fa lo sconto perché non abbiamo prenotato con Booking.com: 2700 rupie/notte compreso la prima colazione. Sono circa 14 €: accettiamo senza esitazioni.

A differenza di Colombo, la vocazione turistica della città si nota subito, non solo per le diverse etnie in circolazione, ma anche per il centro pieno di negozi e ristoranti aperti fino a tardi. Gli scontri tra estremisti musulmani e buddisti erano avvenuti proprio qui, ma non ne vediamo alcuna traccia e si respira un’aria di assoluta normalità e tranquillità.

Un bel tempio buddista, in cui si dice sia conservato un dente del Buddha, si affaccia su un piccolo lago, mentre l’intera città è dominata da un’enorme statua del Buddha situata sulla sommità della collina. Nel pomeriggio, in un piccolo teatro, ci godiamo uno spettacolo di danza in costumi e maschere tradizionali, accompagnata da musica dal vivo di sole percussioni. La visita al tempio, invece, ci viene negata: i miei pantaloni arrivano appena sopra il ginocchio, e per pochi centimetri sono fuori norma!


Il giorno seguente prima di intraprendere il viaggio di ritorno visitiamo il bellissimo orto botanico, una tenuta di 60 ettari, con piante e fiori classificati ad uno ad uno. Ci sono uccelli di mille tipi, scimmie e … pipistrelli!





Alle 12.50 prendiamo il treno che ci riporta a Colombo: 2 ore e 30 purtroppo interamente in piedi, stipati come sardine. Una sosta di 60 minuti per la coincidenza, e poi altre 2 ore su un treno ancora più pieno del precedente, solo nell’ultima mezz’ora riusciamo a sederci. Rientriamo in barca, a Galle, alle 19.30, quasi distrutti.

Gli ultimi giorni sono riservati ai rifornimenti. 240 litri di gasolio ci vengono consegnati in taniche da 20 litri, paghiamo 145 rupie/litro compreso il trasporto, (circa 0,72 €/L), il prezzo per i locali è 100 rupie/litro. Altri navigatori suggerivano di andare con il tuk-tuk e rifornirsi con un paio di taniche alla volta direttamente al distributore, passando poi il controllo del porto con qualche birra di mancia, ma noi abbiamo preferito la via maestra, spendere 50 € in più ma completare il rifornimento in mezz’ora.
L’acqua non è disponibile in banchina, arriva con un’autobotte (8 US$ per 1000 litri). Viste le condizioni del nostro dissalatore, facciamo il pieno del serbatoio da 1000 litri; avanzano 300 litri, con cui riempiamo le taniche dei nostri amici australiani.
Per la cambusa, siamo già stati informati che la spesa va fatta un po' alla volta, un cartone di birra oggi, uno domani e così per la frutta, verdura e il supermercato. Tonino del Magic ci ha anche indicato un supermercato, vicino al porto: Sea Far City Food gestito da MUDGHEE, un signore che parla italiano, molto attento ai clienti esigenti e disponibile ad aiutarti per esempio avvisandoti quando arrivano i prodotti freschi.
Arriviamo alla vigilia della partenza: l’agente ci invia il conto da pagare, nessuna sorpresa, a parte l’aggiunta di 25US$ per ottenere il pass del tecnico elettronico (inizialmente ne avevano chiesto 50 US$, ma abbiamo protestato e la fattura, come per magia, si è dimezzata).
Ecco il dettaglio per chi è interessato a passare di qui:
Ormeggio al Marina              - US$ 100.00 (tariffa per un mese, anche se la sosta è inferiore)
Pratiche di Check In & Out   - US$   60.00
Outward Port Clearance       - US$   20.00
Tariffa Agente                        - US$ 100.00
Elettricità per 7 gg                 - US$ 17.00 (a consumo)
Acqua 1000 litri                      - US$ 8.00

Sabato 24 marzo abbiamo una discreta finestra meteo per proseguire alle Maldive: circa 3 giorni di navigazione per coprire le 445 miglia fino a Uligamu, l’atollo più a nord dove faremo l’ingresso.
Alle prossime!