venerdì 4 agosto 2017

Ko Rok Nai e Ko Butang

Giovedì 3 agosto lasciamo Phi Phi Don diretti a Ko Rock Nai, il parco dove abbiamo già ormeggiato prima di arrivare a Phuket, con una variante: sul percorso, con una piccola deviazione verso sud, c’è un gruppetto di isole, le Ko Ha Yai, denominato “le 5 isole”. Il portolano South East Asia Pilot ne parla come di un eccellente sito per il diving e comunque come un’irrinunciabile sosta, anche se di poche ore visto che offre una scarsa protezione; è un ancoraggio diurno, da bel tempo.
Col vento da SW sui 15-18 nodi, viaggiamo spediti e alle 11.30 siamo già alle 5 isole; purtroppo tutti gli ancoraggi segnalati sul portolano sono esposti, peccato perché il posto è veramente suggestivo.
Scattate un paio di foto, riprendiamo la nostra rotta.
Alle 13.45 siamo a destinazione; nella baia hanno trovato riparo molte barche da pesca, oltre ad un catamarano arrivato poco prima di noi ed un’altra barca a vela che sopraggiunge poco dopo. Prendiamo la stessa boa gialla di 10 giorni fa e dopo aver pranzato ci concediamo un meritato riposo. Riposo si fa per dire, perché il rollio è molto più forte della volta precedente; rimandiamo all’indomani un’eventuale escursione a terra ed il bagno sul reef, sperando che le condizioni meteo migliorino.
Abbiamo conservato un po' di valuta thailandese per eventualmente pagare la tassa del parco, ma anche questa volta nessuno viene a riscuotere; meglio così, i bath andranno a incrementare la raccolta di banconote e monete straniere del papà di Lilli.
Passiamo la notte in “lavatrice” per il continuo rollio. Il mattino il cielo è coperto ed il vento è aumentato, sui 20 nodi; non ci sembra proprio il caso di restare qui a sorbirci altre 24 ore di sballottamento, quindi alle 8.25 salpiamo con destinazione Butang Group, circa 45 miglia a ESE.
Una tappa non troppo lunga, ma che ricorderemo: appena siamo fuori dalla copertura dell’isola il vento aumenta a 25 nodi da SW. “Bene - ci diciamo - arriveremo in un baleno!” Avanziamo infatti veloci, di bolina larga, per circa un’ora, quando la situazione diventa un po’ meno divertente. Il cielo è sempre più scuro, il vento rinforza a 30 nodi con raffiche a 35, ma soprattutto gira verso sud!
Riduciamo le vele e teniamo duro, sperando che passi in fretta (anche se nel cielo non appare alcuno spiraglio, nemmeno in lontananza); nel frattempo comincio a pensare ad un atterraggio alternativo. Tenere la nostra rotta di 120° è impossibile, continuamente costretti a poggiare siamo ormai di bolina e 30° fuori rotta. Per non farci mancare niente, comincia una pioggia fitta ed incessante come non avevamo visto finora ed anche il mare si alza velocemente con onde che ci prendono al traverso, le più toste sui 4 metri. “Ecco - mi son detto - questo è il monsone di SW, non sono molto lieto di conoscerti, ma prima o poi doveva succedere”. Dopo un paio di straorzate dovute ad onde particolarmente poco gentili, disattivo il pilota automatico e mi metto al timone.
Lilli che sta cercando di farsi piacere questo oceano Indiano (che in realtà la terrorizza) si rilassa un pochino e mi dice: “Tu sei più bravo del pilota!”. “No - le rispondo - è che lui non vede le onde e non può anticiparle…”
Dopo circa un’ora in queste condizioni il vento cala sui 20 nodi. Ancora una volta proviamo quella strana e piacevole sensazione di aver superato un momento impegnativo. È strana, perché gli stessi 20 nodi che ti mettono in allarme quando ti colgono all’improvviso, costringendoti a ridurre un po’ le vele, sembrano proprio niente quando invece ritornano dopo aver superato i 30 e magari i 40. Sono sempre 20 nodi, ma li si vive in modo del tutto diverso! Questo è un aspetto della vela che lascia Lilli ogni volta incantata.
Non facciamo in tempo a rilassarci del tutto (il pilota automatico è tornato al lavoro, lascio Lilli di guardia e comincio ad imbastire il pranzo) quando vediamo un altro, nero ed estesissimo, fronte in arrivo. Questa volta però viene da NW e il vento non va oltre i 25 nodi: ci carica di pioggia, ma in compenso ci permette di correggere la rotta riportando la prua sul nostro obiettivo.
Verso mezzogiorno il vento è ormai calato sui 7-8 nodi, ma l’onda è rimasta; diamo motore con la randa aperta, per limitare il rollio.
Alle 15.30 imbocchiamo lo stretto passaggio tra Ko Rawi e Ko Butang.
Ancoriamo in acque ferme e trasparenti su un fondale sabbioso sui 22 metri (6°31.719’N 99°10.561’E). Nell’ansa che abbiamo scelto, a nord di Ko Butang, ci sono altre tre piccole barche a vela, mentre numerosi pescherecci sono ancorati in mezzo al canale.

Finalmente, terminate le manovre e rimessa in ordine la barca, la tensione si allenta, l’adrenalina torna a livelli normali e resta la soddisfazione di aver raggiunto un riparo sicuro, dopo una giornata impegnativa ed incerta. Ci premiamo con un bagno ristoratore ed un gin tonic, brindando a questo primo assaggio dell’oceano Indiano.