venerdì 28 ottobre 2016

STRETTO DI SINGAPORE – PUTERI HARBOUR MALESIA

Sabato 22 ottobre, alle 7.40, salpiamo da Combol.
Davanti a noi una navigazione caratterizzata principalmente da due elementi: l'intenso traffico di navi e il gioco di correnti che si sviluppa nello stretto di Singapore, che noi dovremo "solo" attraversare.
Per quanto riguarda il traffico navale, che qui è regolato con schemi di separazione del traffico e strettamente controllato da stazioni di terra, ci affidiamo al fedele AIS, che calcola per noi i tempi e la distanza di ogni incrocio.
Più complesso è invece capire come variano direzione e forza delle correnti e quindi per prepararci  passiamo ore a studiare e a fare ricerche. In conclusione sembra appurato che:
- come già sperimentato in Indonesia, in generale con il flusso (marea crescente) la corrente si dirige a nord, mentre con il riflusso (marea calante) si dirige a sud;
- l'intensità della corrente è determinata da diversi fattori, primo fra tutti la variazione di altezza della marea, tanto è vero che con luna piena e con luna nuova le correnti sono più forti;
- nei passaggi più stretti le correnti si intensificano;
- nei canali disposti est-ovest le correnti hanno un comportamento variabile.
Nello stretto di Singapore, in particolare, le correnti possono raggiungere i 5 nodi in direzione est oppure ovest; su internet abbiamo trovato un sito dell'Università di Singapore (http://www.porl.nus.edu.sg/sea4cast/login.jsp), cui ci si può iscrivere gratuitamente ed ottenere informazioni e previsioni sui flussi di corrente nell'area.
Per la tappa del 22 ottobre, il nostro studio ci dice che avremo corrente a favore per tutto il percorso, ma a guastarci la festa, subito dopo la partenza, arriva un temporale proprio da NW (la nostra direzione) con vento a 25-30 nodi, che velocemente alza una ripida onda: a fatica superiamo i 3 nodi di velocità.
Ripariamo a SW dell'isola di Bakau, in attesa che passi il groppo. Dopo circa un'ora il vento cala sui 15 nodi ed il mare diventa più maneggevole; riprendiamo la navigazione, superiamo le ultime isolette e secche indonesiane, e accostiamo a dritta per attraversare il traffico navale in corrispondenza dell'incrocio tra l'estremità sud dello stretto di Malacca e quella ovest dello stretto di Singapore.
Qui lo schema di separazione del traffico prevede una sorta di "rotatoria" intorno ad un'area di circa 20 miglia quadrate, di forma pentagonale e delimitata sulle punte da segnali gialli (croce di S. Andrea), destinata ad ancoraggio di emergenza. Noi dovremo quindi attraversare prima il viale di traffico in direzione est, poi la zona centrale della rotatoria, quindi il viale di traffico in direzione ovest. Attraversare l'autostrada, vista la quantità di navi che si susseguono in un'interminabile processione, sembra al confronto un gioco da ragazzi.

Fortunatamente il vento apparente, sui 10-15 nodi, si allarga a 40-50 gradi e ci consente di procedere di bolina con genoa e randa; con il motore al minimo superiamo i 7 nodi di velocità, il che è un bene per ridurre i tempi di attraversamento (le "corsie" sono larghe un miglio e mezzo).
Avvicinandoci al viale di traffico, dopo un fitto gruppo di navi, individuiamo uno "spazio vuoto" di circa 4 miglia: lo cogliamo al volo, e senza modificare rotta e velocità superiamo agevolmente la prima corsia. Nella vasta area di ancoraggio sono fermi tre rimorchiatori e una nave, e la navigazione non crea alcuna difficoltà. Al momento di affrontare la seconda corsia, notiamo subito la minore quantità di traffico, compensata però da un grande numero di navi ancorate dall'altra parte del canale e dalla presenza di un rimorchiatore che traina una grossa chiatta (e in questo caso l'AIS non calcola che dobbiamo evitare anche quella!). In ogni caso, sempre con vele spiegate e motore al minimo, attraversiamo indenni.
Proseguiamo imboccando lo stretto di Johor, che separa Singapore dalla Malesia; la parte iniziale, larga circa 5 miglia, è in gran parte occupata da navi all'ancora, tra cui moltissime petroliere, che per un buon tratto ci chiudono completamente l'orizzonte, obbligandoci ad un percorso a zig-zag.
Più oltre, la parte sinistra del canale è interessata da lavori di dragaggio fino al grande ponte che  collega i due stati. Questo ponte ha al centro una luce libera di 25 metri, ma quando vi passiamo sotto il nostro albero di maestra (20 metri) sembra quasi toccarlo.

4 miglia dopo il ponte giungiamo al nuovissimo marina di Puteri Harbour, nostra meta, non segnalato nella cartografia Navionics e C-Map, ma ben visibile nell'immagine satellitare di Bing.    
Rispetto a Vanuatu, Solomon, Papa Nuova Guinea, dove eravamo solo pochi mesi fa, ci sembra di esserci spostati nel tempo di alcuni decenni: qui tutto è ultramoderno, quasi avveniristico, dall'ingresso del marina con frangiflutti in cemento "faccia a vista", al terminal dei traghetti, agli alti edifici che si affacciano sul marina.
Tentiamo di chiamare il marina col VHF, senza ottenere risposta, ma avvicinandoci vediamo sul pontile galleggiante un addetto all'ormeggio che ci fa cenno di aspettare, e dopo pochi minuti ci assegna un posto. Pontili galleggianti di nuova generazione, con finger ampi, lunghi e robusti, elettricità e acqua (non potabile) in banchina.
Sono le 14.30 quando completiamo l'ormeggio, mangiamo velocemente qualcosa e poi andiamo tutti insieme agli uffici del marina, per registrare l'arrivo ed iniziare le pratiche di ingresso in Malesia. L'impiegato ritira i documenti della barca ed i nostri passaporti, ci fa compilare un unico semplicissimo modulo e ci prega di aspettare qualche minuto: anche se è sabato pomeriggio, ci accompagnerà con l'auto elettrica al terminal dei traghetti, dove c'è l'ufficio immigrazione. Troviamo il terminal completamente deserto, l'impiegato del marina parla con con gli addetti dell'immigrazione e in 10 minuti, lasciate le nostre impronte digitali su un dispositivo elettronico, abbiamo il timbro di ingresso in Malesia! Il tutto senza aprire bocca, senza liste di equipaggio e altre scartoffie!
Tornati in ufficio, il solerte impiegato del marina ci spiega che si occuperà lui di consegnare i documenti della barca e la clearance dell'Indonesia alla Custom e all'Harbour Master, per poi restituirci lunedì i documenti con il nuovo permesso di navigazione per la Malesia; il costo di questo servizio è di 50 RM (circa 10 €). Ancora increduli, chiediamo se dobbiamo attendere una visita a bordo della Custom; risposta: "No, Sir, this is not Indonesia!".  Mai, in quattro anni di ingressi e uscite, abbiamo visto tanta efficienza e semplicità di procedure!
Come ciliegina sulla torta, concordiamo con il marina il rifornimento di gasolio, che ci viene consegnato a bordo, in taniche, al prezzo di 3 RM/litro (circa 0,6 €/l).
Prospiciente al marina, un'area pedonale ricca di verde con molti negozi, bar, ristoranti ed hotel. Mangiamo fuori un paio di volte: 7-8 € a testa per un piatto unico sostanziosi e mezza pinta di birra.

Lunedì 24 ottobre prendiamo un taxi per andare al supermercato: circa 20 km di superstrade perfettamente tenute, in mezzo a verde curato, per arrivare ad un centro commerciale che nulla ha da invidiare ai nostri europei. Prezzi accattivanti in tutti i settori: oltre alla cambusa, compriamo magliette, pantaloni e costumi, e pranziamo in 4 con 16 €!
Ancora una volta troviamo un tassista estremamente gentile (Zahid, cell 0123444285), che non solo ci lascia il numero di telefono per chiamarlo per tornare al marina, ma ci sorprende facendoci trovare nel taxi una radio italiana (precisamente di Siracusa) che ha cercato per noi via telefono su internet! "Che trattamento, commentano Lilli e Claudia, proprio uguale a quello dei tassisti italiani verso i clienti stranieri!".
Tra una canzone italiana e l'altra, Zahid ci racconta che tutta la zona di Puteri Harbour è in forte espansione; si tratta di un grande progetto privato, che comprende edifici a scopo residenziale, uffici, alberghi e scuole, e sarà completato fra una decina di anni.
Al Puteri Marina ritroviamo sul nostro stesso pontile con la sua Cavatina, Douglas, l'inglese solitario conosciuto all'inizio di luglio ad Alotau in PNG. Ha deciso di vendere la barca ed ha un appuntamento con una coppia interessata all'acquisto; l'ultima sera lo invitiamo a cena e ci racconta che l'incontro si è concluso per ora con un nulla di fatto, ma la trattativa è ancora aperta. 
Martedì 25 ottobre, quasi malvolentieri, lasciamo Puteri Harbour, dove ci siamo velocemente abituati alle comodità, all'aria condizionata, ai ristoranti carini ed economici, il tutto spendendo 20 € al giorno, compresi i consumi di acqua ed elettricità!

lunedì 24 ottobre 2016

BELITUNG e COMBOL, bye-bye Indonesia

Venerdì 14 ottobre lasciamo Karimun Jawa per una tappa di circa 280 miglia fino a Belitung.
Salpiamo sotto cupi nuvoloni, che vediamo trasformarsi in pioggia a poche miglia di distanza, dietro di noi. Ma non siamo risparmiati a lungo, il temporale ci raggiunge e ci supera, seguito poi da molti altri, per tutta la giornata; il cliché è il seguente: un ammasso nuvoloso di un grigio più scuro, a volte con un fronte nero, si avvicina al lasco o al traverso, il vento reale aumenta da 5-7 nodi a 15-20, e nel giro di 15-30 minuti arriva la pioggia, poi il vento inizia a calare gradualmente fino a tornare sui 5-7 nodi. Quando il vento rinforza, spegniamo il motore per riaccenderlo circa un'ora dopo.
Il secondo giorno è calma piatta, mare che sembra olio fino al mattino del terzo giorno, quando aggiriamo a NE Belitung ed abbiamo un vento apparente, di bolina larga, sui 12 nodi. Così, dopo 278 miglia, alle 10.40 di domenica 16 approdiamo in prossimità della punta NW dell'isola e caliamo l'ancora su un fondale sabbioso di circa 8 metri (2°33.246'S 107°40.616'E).
Ci sono una ventina di barche ancorate: sono parte della flottiglia del rally Sail Indonesia. Siamo sorpresi, erano mesi che non vedevamo tante barche a vela! A terra un pontile in legno ed una spiaggia animata. Le bellissime rocce in granito sulla punta nord-ovest della baia, a circa un quarto di miglio dall'ancoraggio, ci fanno sentire in una sorta di Sardegna indonesiana, di notte addirittura illuminata con fari colorati.


Questa parte dell'isola di Belitung sta sviluppando un'intensa vocazione turistica, cui contribuisce fortemente il passaggio del rally Sail Indonesia: è stato allestito un grande padiglione per ricevere i navigatori, un grande palco per musica dal vivo, ovunque bandiere e manifesti del rally. La gente del posto si mostra estremamente accogliente, in molti si avvicinano per parlare un po' e soprattutto per scattare foto e selfie insieme a noi.
Lungo la strada che costeggia la spiaggia si susseguono ristorantini e bancarelle, come ad una grande fiera; le barche sulla spiaggia fanno la spola per accompagnare i visitatori a vedere le rocce di granito.


La nostra prima esigenza è trovare il gasolio; grazie alla presenza delle barche del rally e delle guide locali messe a disposizione dall'organizzazione, riusciamo velocemente ad ottenere il rifornimento, pagando 10.000 rupie/litro (circa 0,60 €) compreso il trasporto in barca, una cifra onesta che ci era stata chiesta anche in altre località.
Per la cambusa invece, seconda priorità, in prima battuta prenotiamo per la mattina del 17 ottobre due motociclette con cui raggiungere la città di Tanung Pandang, a 30 km (costo totale 120.000 rupie per la giornata -circa 8 €); ma al momento del ritiro incontriamo Boum, una delle guide messe a disposizione dal rally, che ci consiglia di affittare invece un'auto con autista, che costa 400.000 rupie (26 €): "Potrete comprare e trasportare molta più roba e soprattutto non perderete tempo a cercare i negozi, in più se volete vi accompagno anch'io, gratuitamente". Cogliamo al volo l'occasione, anche perché, avendo già il timbro di uscita sul passaporto, siamo un po' "clandestini" e forse non è prudente andare in giro da soli, per di più alla guida di motociclette.
La scelta si rivela azzeccata: grazie a Boum andiamo velocemente nei posti di nostro interesse (il mercato per frutta e verdura, il supermercato per il resto), mentre l'autista ci attende paziente in macchina.

Inoltre Boum ci racconta un sacco di cose interessanti sull'isola: Belitung è diventata meta di turismo da parte degli indonesiani solo dal 2008, dopo il grande successo del film Laskar Pelangi (The Rainbow Troops) che qui era stato girato ed ambientato. Il film era tratto dall'omonimo libro di Andrea Hirata, nato e cresciuto per l'appunto in questa piccola isola, e parla del tormentato percorso educativo di un gruppo di ragazzi locali. Il film detiene tuttora il record di incassi in Indonesia ed il libro è stato tradotto in moltissime lingue (anche in italiano, col titolo "La scuola ai confini del mondo" - lo compreremo). L'autore, Andrea Himata, è molto amato dagli abitanti di Belitung, che gli sono riconoscenti per aver fatto conoscere ad un vasto pubblico la loro isola, aprendo le porte a fonti di sviluppo e crescita prima del tutto insperate.
Sulla via del ritorno, Boum ci porta a vedere una sorta di cantiere (in realtà una piccola area tra altissimi alberi, poco distante dal mare), dove erano al lavoro alcuni maestri d'ascia: restiamo incantati nel vederli plasmare, con un'artigianalità sapiente ormai difficile da trovare, bellissime e robuste barche da pesca e da diporto.


Dulcis in fundo, Boum ci invita alla cena di gala organizzata dal governo indonesiano per i navigatori del Sail2Indonesia, anche se non ne facciamo parte.
Una bella serata: un ricco buffet, musiche e danze locali in abiti tradizionali, poi canti e balli a cui tutti gli ospiti sono invitati a partecipare. Attilio, che si era già fatto notare al mattino per il suo canto intonato e potente, viene chiamato ad esibirsi sul palco, e letteralmente conquista la platea cantando, in un tripudio di applausi, "O sole mio" .
Al momento di lasciare la festa, restiamo ancora una volta colpiti dal calore con cui veniamo salutati dai locali: in tanti a stingerci la mano sorridendo, come fossimo vecchi amici; soprattutto tante giovani ragazze ci seguono verso la spiaggia, per dirci addio e poi farsi fotografare insieme.
Il giorno seguente, mercoledì 19 ottobre, lasciamo la bella Belitung per l'ultima nostra meta indonesiana: l'isola di Combol, a 317 miglia.
Ho scelto questa destinazione per tre motivi principali: 1) il canale che porta a Combol non è trafficato dalle navi; 2) la lunghezza della tappa ci consente di percorrere le ultime 50 miglia, dove sono più numerosi isolotti e bassi fondali, con la luce del giorno; 3) Combol è un buon punto di partenza per attraversare poi di mattina lo stretto di Singapore e arrivare alla meta successiva (il marina di Puteri in Malesia) nel pomeriggio.
Il primo giorno navighiamo con vento debole, sui 6-8 nodi, poi troviamo qualche piccolo rinforzo a 10-11 nodi, sempre al lasco: in pratica, con un vento apparente tra i 4 e 8 nodi, non abbiamo mai spento il motore.
Alle 19.30 del secondo giorno festeggiamo il passaggio dell'equatore: siamo tornati nell'emisfero nord.
Solo il terzo giorno, con il vento girato al traverso, riusciamo a risparmiare qualche litro di gasolio, grazie anche alla corrente a favore, che soprattutto nelle ultime 30 miglia ha punte sui 2 nodi.
Alle 12.30 di venerdì 21 ottobre ancoriamo 200 metri a sud dell'estremità settentrionale di Combol, su un fondale sabbioso di 18-20 metri (0°53.980'N 103°48.798'E).
Troviamo un debole segnale telefonico e di sera vediamo in lontananza il bagliore di Singapore illuminare il cielo come una grande luna dietro le nuvole.
La nostra sosta in Indonesia è ormai finita: domani ci aspetta lo stretto di Singapore, con il traffico navale più intenso al mondo, dovremo fare il conto con le correnti di marea che possono arrivare a 5 nodi .. ma questa è la prossima storia.

venerdì 21 ottobre 2016

BEWEAN - KARIMUN JAWA

Sabato 8 ottobre alle 9.40 lasciamo Bali e il marina di Benoa diretti a Bewean Island, una tappa di 130 miglia, che speriamo dia modo agli amici Attilio e Claudia di riprendere un po' di piede marino.
La partenza è un po' concitata perché abbiamo il dissalatore in panne. La sera prima avevo sostituito due spazzole del motore 24 V, un lavoraccio: smontare il motore, limare la sede del portaspazzole rovinata da una bruciatura, limare le spazzole per adattarle, rimontare ... il tutto nella sauna della sala motore! Avevo finito tardi e rimandato all'indomani il test di accensione; la mattina della partenza la bella sorpresa: non funziona né a 24 né a 220 V. Per affrontare i 14 giorni che ci separano dal prossimo marina in Malesia, carichiamo 100 litri di acqua non potabile dal rubinetto in banchina, portando il serbatoio ad 800 litri, e acquistiamo una tanica di 20 litri di acqua potabile, in modo da avere una scorta di circa 50 litri da bere.
Una volta in navigazione, sento attivarsi la pompa di scarico automatico della sentina. Strano, mi dico, l'abbiamo svuotata prima di partire! Controllo in sala motore e trovo che da un tubo dell'impianto, staccatosi a causa di una fascetta allentata, l'acqua fuoriesce come da un rubinetto aperto. Ripristino immediatamente il tutto, ma nel frattempo i 100 litri di “rinforzo” se ne sono andati in mare.
Risaliamo il canale tra Bali e Lombok un po' a motore e un po' a vela, con fasi alterne di corrente a favore e contraria, e dirigiamo la prua su Bewean, con rotta 305°. Il vento è debole e variabile, rinforza solo sotto i groppi che si susseguono con una sequenza quasi cadenzata . Lunedì 10 ottobre arriviamo a Bewean Island sotto l'ennesimo temporale, che riduce la visibilità a qualche centinaio di metri; rallentiamo per aspettare una schiarita e alle 10.50 entriamo in una bella insenatura sulla costa settentrionale dell'isola, vicino all'aeroporto. Caliamo l'ancora su un fondale sabbioso di circa 6 metri (5°43.850'S 112°40.215'E).
Intorno a noi sono ancorati alcuni grossi pescherecci, che ripartono verso sera verso il largo. A terra un piccolo villaggio, dotato comunque di una moschea che come sempre diffonde tramite altoparlante i tipici canti di richiamo alla preghiera. L'acqua è un po' torbida e non invoglia a fare il bagno, così con il dinghy andiamo al grosso villaggio vicino a circa 1 miglio, dove prendiamo il segnale telefonico e riusciamo a scaricare la posta.
Ci concediamo una giornata di relax, in cui riesco tra l'altro a riparare il dissalatore: il mancato funzionamento era sicuramente dovuto ad un problema elettrico, così preso in mano lo schema e controllato l'impianto punto dopo punto , scopro che era saltato un fusibile della scheda elettronica; una volta sostituito , tutto riprende a funzionare regolarmente. Non moriremo di sete e possiamo lavarci a volontà!
Mercoledì 12 ottobre salpiamo diretti a Karimun Jawa, a 163 miglia.
Appena allontanati dall'isola di Bewean, troviamo un venticello da est sui 12 nodi, giusto in poppa. È la condizione ideale per issare il balooner: detto fatto armiamo i tangoni, la vela va su senza intoppi, la pacchia però dura solo un'ora, poi il vento ci abbandona quasi completamente. Nella speranza che torni, rolliamo le vele e proseguiamo a motore. Speranza vana: verso sera, poco prima del tramonto, il vento già debole ci è addirittura girato in prua!
Decido quindi di svolgere le vele per ammainare il balooner: il suo recupero riesce perfettamente, ma la slitta di sgancio rimane bloccata in testa d'albero. Manco a farlo apposta proprio in quel momento sentiamo che il vento rinforza e vediamo avvicinarsi un temporale. Per la fretta di completare le manovre mi affretto a rollare il genoa, ma provoco un bel guaio: a causa della drizza del balooner bloccata, si strappa il testimone che mi avrebbe permesso di salire in testa d'albero per sbloccarla. Risultato: abbiamo a riva tutto il genoa e non possiamo né ridurlo né ammainarlo! Potremmo tentare di ammucchiarlo intorno allo strallo, ma non c'è più tempo,  il vento è già a 20 nodi e sta aumentando velocemente, in pochi minuti si stabilizza a 30 nodi con raffiche a 35. Procediamo tenendolo al traverso con la vela lascata oltre misura, per non sollecitare eccessivamente l'attrezzatura, e aspettiamo che passi  il groppo. Il vento viene da ovest e noi filiamo veloci verso NNE, 90° fuori rotta.
Solo dopo tre lunghissime ore finalmente il vento scende a 5-6 nodi: per ridurre ulteriormente l'apparente, orientiamo la barca in modo da prenderlo in poppa, e iniziamo le manovre per  arrotolare manualmente il genoa intorno allo strallo. La cosa non è semplice, viste le dimensioni.
Ormai è buio pesto, Attilio ed io indossiamo i giubbetti di sicurezza, ci assicuriamo alla safe-line, mentre Lilli e Claudia seguono trepidanti le manovre dal pozzetto, silenziose. La nostra tenacia (anche grazie alla forza titanica di Attilio) viene alla fine premiata: dopo circa mezz'ora il genova è tutto avvolto e impacchettato come un salame. Possiamo riprendere la nostra rotta!
Senza altri intoppi né temporali né vento venerdì 14 ottobre arriviamo a Karimun Jawa.
In fase di avvicinamento, sentiamo sul canale 16 del VHF che per le ore 13 sono previste esercitazioni militari su un'isoletta 5 miglia ad est di Karimun (zona militare segnata sulla cartografia elettronica) e che  bisogna tenersi distanti dall'area almeno 15 miglia. Il nostro ancoraggio si trova a circa 10 miglia, sul lato SW, ma quando provenendo da sud affrontiamo il canale tra Karimun e Barat vediamo una bella cittadina con tanto di porto. Probabilmente l'avviso di tenersi a 15 miglia non vale su questo lato dell'isola.
Percorriamo tutto il canale, facendo attenzione ad alcuni bassi fondali inferiori ai 2 metri, non segnalati e poco visibili, e alle 13.30 ancoriamo circa 300 metri a nord del molo delle navi, su un fondale sabbioso di circa 17 metri (5°52.619'S 110°25.691'E).

Ci sono ancorate altre due barche a vela; una di queste, “Sentinel”, è una barca australiana che fa parte del rally Sail2Indonesia ed è in ritardo sulla tabella di marcia perché ha dovuto aspettare prima dei pezzi di ricambio, ed ora invece  … delle casse di birra che ha ordinato nell'attesa! In  pratica è ferma qui da tre settimane.
Noi al contrario non abbiamo tempo da perdere, e ci dedichiamo immediatamente alla riparazione dello strallo di prua: dopo aver svolto il genoa, la slitta di sblocco scende agevolmente e recuperiamo la drizza, ammainiamo il genoa e sostituiamo i 2 perni storti, rimontiamo la drizza di rispetto e rimontiamo il genoa. In un'ora tutto è di nuovo a posto e funzionante.
Gli australiani di Sentinel ci hanno raccontato che a terra c'è un piccolo supermercato con pochi prodotti che arrivano con la nave, nonché alcuni ristoranti dove si mangia bene e si spende poco; ma noi siamo di corsa, e l'indomani ripartiremo per Belitung.

domenica 16 ottobre 2016

BALI la mi(s)tica

Giunti al Bali Marina di Benoa il pomeriggio di venerdì 30 settembre, abbiamo qualche giorno a disposizione per orientarci, compiere le formalità di arrivo e preparare Refola per gli amici Claudia e Attilio, che ci raggiungono martedì 4 ottobre dopo aver passato un mese di vacanza in Australia. Sono a Bali anche Giorgio e Cristina del Waki, che hanno volato qui da Lombok per chiedere l'estensione del visto turistico in Indonesia.
La nostra sosta a Bali purtroppo sarà breve, perché davanti a noi abbiamo ormai solo quattro settimane per raggiungere la Malesia, dove lasceremo la barca e prenderemo, il 6 novembre, l'aereo che ci riporterà a casa. Pochi giorni quindi per visitare l'isola e rifornire adeguatamente la cambusa e il serbatoio del gasolio. Per ottimizzare i tempi noleggiamo una macchina con autista, in modo da avere una guida ed evitare di perderci nel congestionato traffico balinese. Il nostro autista è il giovane Caium, che si dimostra subito estremamente gentile e disponibile.
Lunedì 3 ottobre cominciamo con l'Harbour Master, che registra il nostro arrivo. Ci rechiamo poi all'ufficio Immigrazione di Denpasar: il nostro visto scade il 17 ottobre e vorremmo estenderlo in anticipo per non pagare la sanzione; la solerte impiegata ci spiega che sì, possiamo farlo, ma l'estensione non sarà pronta prima dell'11 ottobre. È troppo tardi per noi, quindi dopo molti ripensamenti decidiamo che lasceremo Bali registrando l'uscita dall'Indonesia (check-out originariamente programmato a Batam), anche se questo significherà che le nostre successive soste in acque indonesiane saranno "clandestine". Pranziamo velocemente su Refola insieme a Caium (sempre sorridente e paziente)  e dedichiamo il resto della giornata alla cambusa, con una prima visita al Carrefour, e alla ricerca del gasolio, che in Indonesia è sempre impresa non facile (vedi note tecniche). La sera, sempre accompagnati da Caium, ceniamo con Giorgio e Cristina in un simpatico "warung" (ristorante economico) sulla spiaggia di Jimbaran. Con Giorgio non ci vedevamo da aprile, in Nuova Zelanda, e pur essendoci sempre sentiti via radio, le cose da raccontarci sono mille.
L'indomani 4 ottobre andiamo all'aeroporto a prendere Claudia e Attilio: hanno alle spalle una notte di viaggio e tre avventurosi giorni in un parco australiano, così dedichiamo il pomeriggio al riposo.
Mercoledì 5 e giovedì 6 ottobre, sempre affidati alla cura (e alla guida) del nostro Caium, ci lanciamo alla scoperta di Bali. Un po' di corsa, visitiamo in due giorni:
le sorgenti sacre di Tampaksiring, dove gli induisti si immergono per purificare lo spirito;


il vulcano Gunun Batur con il suo lago
il più grande e importante tempio di Bali, Pura Besakih


le risaie di Jatiluwih, le cui tradizionali modalità di coltivazione sono state dichiarate dall'Unesco patrimonio dell'umanità (per preservarle il governo assegna un contributo ai giovani che restano nelle campagne a fare i contadini)
il tempio a picco sul mare Pura Luhur Ulu Watu, dove al tramonto assistiamo ad uno spettacolo di danza Kecak
Nel corso del giro il nostro Caium ci propone una sosta per degustare il caffè balinese: assaggiamo numerosi diversi aromi tra cui il caffè più costoso al mondo, prodotto con le bacche ingerite, parzialmente digerite e defecate (!!!) da animali simili alle manguste, gli zibetti. Un po' schizzinosi, noi abbiamo trovato il sistema poco gradevole, ma nel mercato americano e giapponese il Kopi Luwak va per la maggiore. Contenti loro ...
Un'altra esperienza simpatica e originale è la cena del "dopo teatro" organizzata da Giorgio e Cristina. Dopo lo spettacolo di danza chiediamo a Caium di portarci in fretta al grande mercato del pesce sulla spiaggia di Jimbaran, aperto tutto il giorno fin verso le 20; al volo, sui banchi che stavano chiudendo, riusciamo a comprare 5 kg di pesce pregiato al prezzo di 200.000 rupie (circa 13 €), che poi ci facciamo cucinare in un vicino warung, dove lo gustiamo arrostito alla brace, accompagnato da verdure e birre.

Insomma luoghi ed immagini affascinanti, suggestive, che lasciano dentro forti emozioni. Ma ciò che ci ha maggiormente colpito è il radicamento della cultura e della religione induista, i cui segni si colgono chiaramente (e quasi meglio, rispetto ai siti famosi e densamente frequentati dai turisti) nei più piccoli e sperduti villaggi dell'interno. Tutte le strade ornate con decorazioni in bambù propiziatorie della fertilità, tutte le case dotate di piccoli -più o meno umili- templi. La parola  balinese per "tempio" è  "Pura", che in sanscrito letteralmente significa "spazio circondato da mura". Caium ci ha spiegato e mostrato che ogni villaggio ha almeno tre templi, uno dedicato ai fondatori della comunità, un secondo dedicato agli spiriti che proteggono la comunità ed infine uno per i morti. Altrettanto, ogni casa deve avere un tempio per la preghiera, uno per le cerimonie ed uno per i defunti. La religiosità di molti balinesi, nonostante lo sviluppo inarrestabile del turismo, resta nettamente percepibile ed anche il nostro Caium, con la sua squisita pazienza, calma e gentilezza, la rappresenta pienamente.
Nel complesso Bali ci è piaciuta molto, e la nostra sosta, come spesso accade, è stata troppo breve.

NOTE PRATICHE PER I NAVIGATORI
BALI MARINA DI BENOA, 8°44.470'S 115°12.802'E, VHF canale 11: si trova nella parte NE della piccola isola Benoa, che ospita il traffico mercantile e peschereccio di Denspasar, si raggiunge percorrendo un ampio canale, ben segnalato da beacon rossi e verdi, con un notevole traffico di navi, pescherecci e imbarcazioni per turisti.
È costituito da un unico pontile galleggiante, un po' sgangherato, a forma di L, dove trovano posto circa una ventina di barche, ormeggiate all'inglese sul lato esterno del pontile e in andana con i finger all'interno. Attenzione: abbiamo visto grossi topi circolare liberamente e camminare sulle cime di ormeggio.
Acqua (non potabile) ed elettricità sono a pagamento con il contatore, circa 30 € notte il posto barca per un 16 metri. Il personale è gentile e disponibile e la bella struttura a terra ospita anche un ristorante bar aperto fino alle 16.
In alternativa al marina di  Benoa, c'è un campo boe a Sarangan Harbour, davanti al Royal Bali Yacht Club, circa 2 M a NE, raggiungibile dal mare tramite un altro canale in posizione 8°43.310'S 115°15.110'E.
FORMALITÀ DI INGRESSO/USCITA: Harbour Master, Custom, Quarantena, Immigrazione, sono raggiungibili a piedi dal Marina, tutti sulla strada che costeggia il porto. L'estensione del visto va richiesta all'Ufficio Immigrazione di Denpasar, il capoluogo di Bali, che si trova a circa 5 km.: la pratica richiede 6 giorni lavorativi ed è necessario dotarsi di una nuova "sponsor letter" da parte di un agente.
CARBURANTE: tramite il marina si può richiedere il rifornimento con una barca-autobotte al prezzo di 10.000 rupie/litro (quantitativo minimo 500 litri); in alternativa, pagando al marina una tassa di 500 rupie/litro, si può acquistare autonomamente al distributore con le taniche. Qui, diversamente da altri luoghi, non si può acquistare il gasolio ("solar") riservato ai locali, a 5150 rupie/litro, ma solo il "Dex solar", prodotto identico dedicato al mercato industriale, il cui prezzo  varia nei diversi distributori: noi lo abbiamo pagato 6600 rupie /litro.

domenica 2 ottobre 2016

VERSO BALI

Sabato 24 settembre lasciamo l'ancoraggio di Labuan Bajo. Siamo diretti al parco marino di Komodo, che comprende oltre all'isola di Komodo anche Rinca e una moltitudine di isole minori.
Komodo e Rinca sono famose per la presenza dei varani, una sorta di gigantesche lucertole carnivore con aspetto da animali preistorici, che possono raggiungere i 3 metri di lunghezza. Vista  la loro pericolosità, è caldamente sconsigliato avventurarsi per le isole senza una guida, servizio svolto dai rangers. I varani, grazie al loro morso velenoso e mortale, uccidono e mangiano non soltanto animali di notevoli dimensioni (bufali, cinghiali) ma anche i piccoli della loro specie, che infatti appena nati si riparano sugli alberi e si nutrono di insetti, fino a quando sono cresciuti abbastanza  da potersi difendere.
Con queste premesse, Lilli manifesta subito il suo scarso interesse ad andare a vedere i lucertoloni, e la sua preferenza  per l'isola di Siaba, dove si possono ammirare coralli e pesci colorati. Il parco di Komodo è infatti, a giusta ragione, famoso anche per i suoi fondali e per la varietà delle specie marine presenti.
L'ancoraggio di Siaba è ad ovest dell'isola, in una rientranza del reef; ci sono alcune boe, ma c'è spazio anche per stare all'ancora su un fondale di sabbia chiara sui 10 metri. L'acqua è limpidissima e con il sole i colori prendono risalto, diventando brillanti. Alle 11.50 prendiamo una boa libera (8°32.706'S 119°38.916'E), e dieci minuti dopo, armati di maschera e pinne, ci immergiamo per esplorare il reef circostante.


Il posto, che il reef ripara a sud e a nord dalle forti correnti tipiche di questa area, è frequentato dalle grandi barche delle escursioni turistiche, proprio perché sicuro e adatto allo snorkelling ed alle immersioni anche dei principianti. Meriterebbe senz'altro una sosta notturna: prima del tramonto le barche delle escursioni rientrano alla base e rimarremmo soli in questa oasi stupenda. Ma questo, ahimè, significherebbe navigare l'indomani mattina contro la corrente verso sud …  perciò  alle 14.15, con un pizzico di rimpianto, salpiamo verso nord con 2 nodi di corrente a favore.
Ci dirigiamo nella parte nord di Komodo; la profonda baia rivolta a nord est, indicataci da amici navigatori, ha poco di attraente, più simpatica la baia sud dell'isola di fronte, Gili Lawa Laut, dove infatti le boe sono tutte occupate e non c'è spazio per stare all'ancora.
Proseguiamo allora costeggiando l'isola di Gili Lawa Laut, fino a raggiungere la baia a nord, dove alle 16.40 mettiamo ancora su un fondo di sabbia e qualche corallo sui 16-18 metri (8°26.888'S 119°34.090'E).
Anche qui ci sono numerose boe, utilizzate dalle solite barche per turisti, ma vista l'ora siamo completamente soli e abbiamo la baia tutta per noi.
Guardando a terra con il binocolo, leggiamo un grande cartello che indica divieto di ancoraggio (per non rovinare il corallo): prendiamo allora una boa a poppa, che avevamo a distanza ravvicinata.
Vista l'ora tarda rimandiamo all'indomani mattina, domenica 25 settembre, lo snorkelling: l'acqua è limpida e i coralli discreti. Lilli tenta una piccola immersione, in apnea.
Ormai stanno per arrivare le solite barche dei turisti, e noi riprendiamo la rotta di avvicinamento a Bali. Con una tappa di 137 miglia, dopo una notte di navigazione, raggiungeremo l'isola di Medang, a nord ovest di Sumbawa.
Il vento apparente arriva al massimo a 6-7 nodi, per cui procediamo ancora una volta a motore, benedicendo il nuovo grande tendalino che almeno ci protegge dal sole. Durante il reflusso di marea abbiamo la corrente contro, che ci riduce la velocità di almeno 1-1,5 nodi.
Alle 13.00 di lunedì 26 settembre arriviamo nell'ansa nord di Medang; gettiamo l'ancora su un fondale sabbioso di 10 metri (8°08.524'S 117°22.391'E). L'acqua è un po' torbida con particelle in sospensione, tuttavia scendendo di qualche metro in apnea riesco a vedere il fondo uniforme e l'ancora ben affondata nella sabbia.
La baia è disabitata, ma dall'immagine satellitare vediamo che nella parte sud dell'isola c'è un grosso centro abitato, affacciato su una laguna interna, distante in linea d'aria meno di 1 km. Verso sera ancorano vicino a noi alcune barche di pescatori, per dormire in rada prima di riprendere il lavoro.
Martedì 27 settembre, alle 7.35, salpiamo da Medang per raggiungere la costa nordorientale di Lombok, in corrispondenza dell'isolotto Sulat; tappa giornaliera questa, di 45 miglia, ma sempre a motore e nelle stesse condizioni del giorno precedente. Per ingannare il tempo riprovo a pescare alla traina, ma sembra che il pesce indonesiano non sia interessato ai polipetti di plastica del Sud Pacifico, perché non riesco a tirar su niente, se non qualche alga e qualche sacchetto di plastica. Alle 13.40 siamo a destinazione, e caliamo ancora su un fondo di sabbia nera di circa 13 metri (8°19.929'S 116°41.563'E). Siamo in prossimità della foce di un piccolo torrente, invisibile con la bassa marea; verso sera invece, con la alta, vediamo qualche piccola barca entrare e sparire in mezzo alla vegetazione.
Mercoledì 28 riprendiamo il nostro tran-tran a motore, e costeggiando a nord Lombok arriviamo a Gili Air, dove prendiamo una boa nella parte meridionale dell'isola (8°24.958'S 116°04.900'E).
Gili Air è la più a est di un gruppetto di tre isole, molto turistiche, con un bel movimento di barche che fanno la spola da Lombok; a terra ci sono alcuni alberghi e ristoranti, una specie di Rimini indonesiana. Dopo tanti mesi passati in luoghi tranquilli, ci rendiamo conto che traffico e  mondanità non ci attirano per niente, anzi quasi ci infastidiscono … perciò senza esitazione il giorno successivo salpiamo per spostarci in una piccola isola a sud ovest di Lombok, Giligede, in buona posizione per spiccare l'ultimo salto fino a Bali.
A sud dell'isola c'è il Marina del Rey, dove il marina è ancora un progetto, ma ci sono alcune boe e viene offerto un servizio di assistenza e guardianaggio per lasciare la barca impresenziata, che utilizzerà infatti il nostro amico Giorgio per tornare a casa qualche mese. Nei dintorni vediamo molte coltivazioni di ostriche, apparentemente destinate alla produzione di perle.
Alle 14.40 di giovedì 29 ancoriamo nella baia ad est di Giligede, su un fondale sabbioso di 20 metri (8°44.373'S 115°55.054'E). Una grande baia, tranquilla, senza barche a motore se non quelle del vicino villaggio … indubbiamente siamo più a nostro agio rispetto a Gili Air.
Venerdì 30 settembre alle 7.20 salpiamo per Benoa, a sud est di Bali, distante 46 miglia. Ho programmato orario e percorso tenendo conto della corrente di marea, per ridurre al minimo gli effetti della corrente contraria: partiamo con la marea crescente e contiamo di arrivare in prossimità della fase di stanca, prima della bassa marea delle 15.45 a Benoa.
Nel primo tratto abbiamo infatti circa 1,5-2 nodi di corrente a favore; passato capo Pandanan, estremità SW di Lombok, siamo investiti da un inatteso quanto gradito vento da nord, che ci arriva al traverso con punte di 20-22 nodi. Quasi emozionati dopo tanta astinenza, togliamo in fretta e furia il tendalino e ci godiamo qualche bella ora di vela, filando a 7-8 nodi.
Arrivati a 2/3 del percorso, in corrispondenza del canale tra Mundi Nusa Penida e Lembongan, il vento cessa di colpo e subiamo un strano gioco di correnti: prima 3 nodi a favore e poco dopo 3 nodi contrari; fortunatamente, man mano che ci allontaniamo verso ovest da Lembongan, la corrente contraria si riduce gradualmente, fino a mezzo nodo.
Sul lato NW di Lembongan vediamo una grande baia sabbiosa con molte strutture turistiche e molte barche all'ancora: un'altra Rimini a 15 miglia da Bali.
Alle 15 siamo all'inizio del canale che ci conduce al porto di Benoa e al nostro marina; il canale è ampio, ben segnalato e molto trafficato. Come previsto, essendo la bassa marea alle 15.45, troviamo circa 1 nodo di corrente uscente, facile da contrastare e più agevole nelle manovre rispetto alla corrente a favore.
Il primo impatto con l'isola di Bali è una sorpresa: pensavamo di entrare in un'atmosfera mistica e spirituale, invece siamo circondati da motoscafi con parasailing e catamarani con musiche assordanti … dove siamo capitati?
Per ora sospendiamo il giudizio e alle 15.30, con qualche difficoltà per il poco spazio di manovra, ormeggiamo all'interno del piccolo e un po' sgangherato Bali Marina (8°44.470'S 115°12.802'E).



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