lunedì 1 gennaio 2024

DA IBIZA A RAGUSA

Con l’equipaggio parzialmente rinnovato, fatto rifornimento di gasolio, domenica 29 ottobre lasciamo il Marina Ibiza alla volta di Cala Negra, a 13 miglia, sulla costa ovest dell’isola. Ci accompagna un venticello da SSW sui 12 nodi, praticamente quasi in poppa. Dopo due ore siamo a destinazione, ancoriamo su fondale sabbioso di 6-7 metri (39°01.718’N 1°37.051’E); il posto è bello e ben riparato da un alto costone roccioso.

Il giorno seguente, lunedì 30 ottobre, alla super alba (5.40, c’è ancora buio) partiamo per Cabrera, piccola isola a SSW di Cap de Ses Salines, la punta più meridionale di Maiorca. Vogliamo visitare il Parco nazionale marittimo-terrestre dell'arcipelago di Cabrera, area naturale protetta istituita nel 1991 che protegge l'isola di Cabrera e altri 18 piccoli isolotti in sua prossimità. 



Il vento da SW è rinforzato e varia tra i 15 ed i 28 nodi, e anche l’onda è aumentata fino a 1,5-2 metri. Con una bella veleggiata di otto ore percorriamo le 63 miglia, tenendo una velocità media di 7,8-7,9 nodi; alle 13.50 entriamo nella stretta e lunga baia di Puerto de Cabrera, disseminata di gavitelli. Ne prendiamo uno arancione, tra i più vicini al pontile, su un fondale di 17-18 metri (39°08.953N 2°55.966E).

Caliamo in acqua il dinghy per andare a terra, anche per regolarizzare il pagamento del gavitello; in un primo tempo un addetto al controllo ci comunica che siamo a posto, avendo io chiesto ed ottenuto l’autorizzazione per navigare nel parco. Il giorno successivo, invece, la responsabile dei guardiani ci chiede di esibire la ricevuta del pagamento dell’ormeggio. Ne siamo sprovvisti, ma per fortuna in prossimità del bar c’è un segnale WiFi: proviamo e riproviamo a pagare l’obolo richiesto, utilizzando tutte le nostre carte di credito, ma non ne veniamo a capo. Non ci resta che chiamare Lilli, a casa. Ottima idea visto che infatti, con una connessione stabile, lei riesce ad eseguire l’operazione in pochi secondi. La “capa” dei guardiani ci aveva anche detto che dovevamo cambiare boa: quelle arancioni sono per barche fino a 15 metri, mentre per noi ci vuole una boa rossa (per barche fino a 18 metri). Ci adeguiamo alle disposizioni e ci spostiamo sul lato opposto della baia.


Trascorriamo due giorni ben riparati dal vento e dal mare: lunghe camminate sull’isola, nonostante la stagione avanzata alcuni di noi hanno perfino fatto il bagno. Nel frattempo la baia si è riempita di barche in cerca di riparo dal vento, che fuori continua a soffiare bello tosto. 



Mercoledì 1° novembre alle 7.30 molliamo il gavitello. Navigheremo lungo la costa ovest di Maiorca, ma la destinazione non è ancora definita. Il primo marina contattato, Porto Colom, offre ormeggi solo a barche sotto i 15 metri; dalla barca seguitiamo a chiamare via cellulare i vari porti e finalmente, dopo vari tentativi, riusciamo a prenotare un posto al pontile a Porto Cristo.

Ci sospinge un vento da WSW, 15-20 nodi che prendiamo al giardinetto; in cinque ore, percorse 33 miglia alla velocità media di 6,7 nodi, giungiamo a destino. La manovra di ormeggio si conclude alle 12.15 (39°32.367N 3°20.077E), ma nell’eseguirla ho purtroppo una brutta sorpresa: l’elica di prua ha nuovamente smesso di funzionare e non mi spiego il perché. La smontiamo per l’ennesima volta e contattiamo un meccanico in zona, che viene a trovarci il giorno successivo: scompone e ripulisce uno alla volta ogni singolo pezzo, riscontrando il consumo anomalo dei denti del pignone. Il verdetto finale è che il pignone va sostituito; la buona notizia (si fa per dire) è che lui e un suo collega andranno a Palma nei prossimi giorni e proveranno a trovarne uno di ricambio, anche se sarà difficile. Prende in consegna l’elica di prua e promette di darci notizie al più presto.

Scrivo all’Amel per comunicare il mancato funzionamento dell’elica di prua, nonostante il montaggio del loro kit nuovo di zecca; mi rispondono che non resta che inviare a Hyeres tutto il piede, in modo che possano controllare tutti i componenti. Boh!

Sono un po’ amareggiato da questo contrattempo. Come se non bastasse, anche le previsioni meteo non sono fantastiche: nei prossimi giorni il vento aumenterà con raffiche a 60 nodi.

A questo punto, considerato che il volo di Laura e Marteen per rientrare in Italia parte da qui domenica 5 e che il meteo ci consiglia di restare al sicuro a Porto Cristo, modifico il programma e posticipo la partenza per Minorca.

Ci organizziamo su come passare il tempo. Mentre cerchiamo informazioni turistiche apprendiamo che a Porto Cristo abita il famoso tennista spagnolo Nadal; a pochi metri dalla nostra prua c’è il suo grosso catamarano a motore di 72 piedi e a Manacor, a 10 km, c’è un centro dove ha avviato una grande scuola di tennis. Attilio e Claudia partono in avanscoperta col pullman e visitano una grande grotta nei dintorni. Il giorno successivo noleggiamo due auto per girare l’isola: Laura, Marteen, Giovanna ed io andiamo nella parte nord e poi proseguiamo nella zona montagnosa ad est fino a Soller; Attilio e Claudia visitano il centro sportivo di Nadal e la capitale Maiorca. Ci ritroviamo alla sera al porto de Soller prima di rientrare a Porto Cristo.






Nel primo pomeriggio di domenica 5 novembre Laura e Marteen prendono l’autobus per l’aeroporto. Ho molto apprezzato la loro presenza a bordo, per la loro disponibilità ed allegria.


Dopo la loro partenza faccio il punto della situazione: l’amico Gigi arriverà a Mahon il 7, le condizioni meteo sono migliorate e consentirebbero di raggiungere Mahon a vela, le probabilità che il meccanico trovi a Palma il pezzo di ricambio per l’elica sono davvero remote.

La decisione è presto presa: chiamo il meccanico per annullare la ricerca e farci riportare a bordo l’elica di prua. Lui esegue prontamente, cosicché possiamo rimontarla. Siamo pronti per riprendere il mare.

Lunedì 6 novembre, con il vento calato a 8-12 nodi, salpiamo per Minorca a 54 miglia.

Una volta imboccato il canale di Mahon telefoniamo ai vari marina per cercare un ormeggio per la notte. Lo troviamo dopo la Punta de Cala Figuera, su una sorta di “isola galleggiante”, un insieme di pontili attaccati l’uno all’altro a formare un quadrato con lato di circa 15 metri (39°53.555 N 4°16.378’E). Abbiamo acqua ed elettricità, possiamo andare a terra col dinghy atterrando in prossimità de “La sirena”, una bella statua in bronzo sul lungomare occidentale di Mahon.


Il giorno successivo, martedì 7 dicembre, ci raggiunge Gigi, altro amico del Paterazzo, che ci accompagnerà fino a Ragusa. Controllata la situazione meteo, che prevede ancora vento da ovest - quindi sempre portante per la nostra rotta - decidiamo di partire l’indomani.

Mercoledì 8 novembre alle 7.45 molliamo gli ormeggi. La destinazione è Carloforte, a 200 miglia. Siamo in alta pressione, ci accompagnano il sole e un bel cielo sereno; il vento è un po’ scarso, sui 10 nodi, così procediamo a vela e motore sul mare appena mosso da un’onda di 0,5-1 metro da WSW; la sera c’è un piccolo rinforzo di vento, possiamo spegnere il motore.

Arriviamo a Carloforte alle 15.00 e ormeggiamo al Marina Sifredi (39°08.856’N 8°18.622’E). Facciamo un giro di ricognizione nel paese, che ci appare un po’ spento nelle strade più interne, mentre la zona portuale si vivacizza assai all’arrivo del traghetto dalla terraferma.


Rientrato in barca torno a verificare la situazione meteo: la pressione si è abbassata a 1015-1016 mb, il vento è mediamente rinforzato sui 15-20 nodi da W-SW e la tendenza è al peggioramento. In queste condizioni, decido di saltare la tappa prevista a Teulada e partire l’indomani puntando direttamente su Favignana, a 222 miglia.

E così venerdì 10 novembre, alle 8 del mattino, lasciamo Carloforte sotto un cielo grigio, coperto da nuvole. Un bel venticello al giardinetto, un’onda da W sui 2-3 metri che prendiamo in poppa; procediamo tranquillamente a vela per 32 ore.

Nel pomeriggio di sabato 11 novembre siamo a destino: aggiriamo la punta orientale di Favignana, costeggiamo il lato meridionale ed alle 16.30 caliamo l’ancora nella baia Calamoni; il fondale è sabbioso sui 4-5 metri (37°55.020’N 12°19.950’E).

Purtroppo Punta Longa, a W del nostro ancoraggio, ci protegge dal vento solo parzialmente e quindi per tutta la sera e fino all’una di notte siamo martellati da raffiche fino a 35 nodi.

Le previsioni meteo annunciano per i prossimi giorni un ulteriore peggioramento. A questo punto non ci resta che anticipare l’arrivo a Marina di Ragusa, in modo da raggiungere la destinazione finale e programmare il rientro a casa. Domenica 12, alle 8 del mattino, salpiamo per raggiungere a Sciacca, distante 50 miglia.

Durante la navigazione tentiamo di contattare i due Marina di Sciacca, quello della Lega Navale ed il circolo nautico “Il Corallo”, ma non otteniamo alcuna risposta. Nonostante questo, una volta arrivati, entriamo in porto. Abbiamo così modo di constatare che il Marina della Lega Navale, oltre ad essere pieno, ha in corso grossi lavori di ristrutturazione; anche il circolo nautico “Il Corallo” sembra non avere spazi disponibili. Decido quindi di attraccare al molo del distributore di carburante. La manovra, senza elica di prua e con raffiche di vento sui 20 nodi, non è semplicissima. Il primo tentativo di avvicinamento non mi riesce; il secondo va meglio, Gigi e Attilio riescono a scendere e fissare le cime a terra (37°30.200’N 13°04.595’E).

Terminata la manovra di ormeggio e rassettata la barca, abbiamo ancora tempo per una passeggiata; ci arrampichiamo su per la cittadella, molto frequentata, da cui si gode una spettacolare vista sul porto.



Ormai la nostra tabella di marcia è serrata. Lunedì 13 alle 7.30 lasciamo Sciacca; la destinazione è Licata, a 51 miglia. La pressione è tornata alta, a 1022 mb; partiamo con un venticello da ovest sugli 8-10 nodi, che rinforza nel pomeriggio a 10-20 nodi. Nel primo pomeriggio siamo a destino e nonostante il vento la manovra con la poppa in banchina riesce bene: alle 15.30 siamo ben ormeggiati al Marina Cala del Sole (37°05.804’N 13°56.613’E).

Il Marina è molto bello: spazioso, tante belle barche, bagni e docce impeccabili, servizio di lavanderia etc … Scopro che anche qui offrono l’ormeggio invernale: per la mia barca di 16 metri dal 1° ottobre al 30 aprile il prezzo è 2.800€, più economico del Marina di Ragusa che ho già prenotato a 3.000 €. Da tener presente per un eventuale futuro !

Il giorno successivo, martedì 14 novembre, lasciamo Licata alle 8.50 per l’ultima tappa della stagione: con sole 37 miglia raggiungeremo Marina di Ragusa. Il vento è assente alla partenza ma in compenso siamo in alta pressione (1023 mb); a metà mattina arriva un bel venticello da ovest sui 15-17 nodi che ci porta a destino alle 14.30. Come sempre voglio lasciare la barca col pieno di gasolio, ci accostiamo quindi al pontile del distributore, che però è al momento inattivo a causa di lavori in corso (manca l’elettricità e le pompe non funzionano). Ci armiamo di pazienza e dopo un paio d’ore arriva la corrente, facciamo rifornimento e ci spostiamo al posto che il Marina ha riservato per Refola (36°46.847’N 14°32.829’E).

Ormai siamo ai compiti finali: dobbiamo smontare l’elica di prua e spedirla in Francia alla base Amel di Hyeres, tirar giù il genoa e portarlo in veleria per alcune piccole riparazioni, smontare drizze e scotte, passare al loro posto i testimoni, pulire a fondo sottocoperta, lavare la biancheria.  Con il volo di rientro fissato per tutti il giorno 18, abbiamo il tempo di concederci qualche escursione nei dintorni. Prendiamo un’auto a noleggio; Attilio, che conosce la zona essendo stato qui recentemente con il suo camper, ci fa da Cicerone. Visitiamo Donnalucata, Scicli, Ragusa, Modica, tutti posti stupendi. Dal punto di vista culinario, come dimenticare i cannoli del Caffè delle Rose nella piazza principale di Marina di Ragusa?





Non mi resta che ringraziare tutti gli amici che hanno partecipato a questo trasferimento. Un ringraziamento particolare va ad Attilio, che oltre ad avermi segnalato il Marina di Ragusa è stato un prezioso sostegno per tutta la navigazione aiutandomi a smontare l’elica di prua innumerevoli volte e da ultimo facendomi conoscere i suoi preziosi “contatti” sul posto.


Torno a casa, ad assistere Lilli che è stata operata il 15 novembre ed ora dovrà affrontare la riabilitazione del suo ginocchio nuovo.

Alle prossime !!!

mercoledì 29 novembre 2023

DA AGUADULCE AD IBIZA

 


10 ottobre: mentre Lilli rimane a casa in attesa dell’intervento al ginocchio (programmato per il 15 novembre), io volo coi vecchi amici Attilio e Claudia ad Almeria per raggiungere Refola ad Aguadulce.

Il 13 ottobre l’arrivo di Adolfo e Sara, conosciuti al Paterazzo, completa l’equipaggio della prima tranche di questo viaggio.

Il check up della barca che avvio la mattina dopo essere salito a bordo comincia con una nota dolente: le batterie. Le trovo bollenti, con temperature dai 50 ai 60°; stacco subito il carica batterie e scollego il serie-parallelo. Misuro singolarmente il voltaggio delle 12 batterie: sei sono praticamente andate (misurano 6-8 volt), le altre sei sono ancora utilizzabili. Rimetto queste ultime in serie-parallelo; avrò una minor autonomia, ma l’intero impianto elettrico sarà funzionante.

Presto arriva la seconda nota dolente: i copri water che avevo ordinato on line con consegna ad Aguadulce non sono arrivati; in realtà da un’indagine su internet risulta che il corriere, dopo un tentativo di consegna fatto il 17/09 alle 8.13 del mattino (orario in cui gli uffici del marina sono chiusi), si è portato via il pacco e l’ha rispedito al mittente, in Cina !!!!

E poiché non c’è due senza tre, arriva la terza nota dolente: l’elica di prua non funziona. Dopo averla smontata più volte e aver sostituito alcuni pezzi con ricambi che avevo a bordo, realizziamo che manca l’accoppiamento dei due ingranaggi conici.

Nonostante tutti questi contrattempi ci concediamo qualche svago: con la macchina che Adolfo aveva noleggiato a Malaga facciamo un giro nei dintorni e visitiamo il villaggio western dove sono stati girati i film di Sergio Leone.





Lunedì 16 ottobre molliamo gli ormeggi e riprendiamo il programma di navigazione: la prima tappa di 25 miglia, superato Capo de Gata, ci porta alla Playa de los Genoveses. La sosta prevista era la rada di San Josè, ma ho preferito fermarmi prima per avere maggiore protezione da SW. Il mare è calmo, c’è poco vento, arriviamo alle 15.30 e caliamo l’ancora su un fondale sabbioso di 5 metri (36°44.470’N 02°07.078’W).

Il giorno successivo salpiamo per Garrucha a 32 miglia, al mattino il mare è calmo, con poco vento, ma con il passare delle ore il vento rinforza a 20-25 nodi e l’ancoraggio che avevo previsto risulta esposto, quindi decido di entrare in porto. Il Marina è molto grande e ci sono molti posti liberi; il marinaio ce ne indica uno facile da raggiungere e così nonostante l’impossibilità di usare l’elica di prua ed il vento che soffia a più di venti nodi riusciamo ad ormeggiare (37°11.090N 01°49.077’W).

Mercoledì 18 ottobre salpiamo per Cartagena: questa volta ci facciamo furbi ed avvisiamo preventivamente il Marina di aver bisogno di assistenza, sempre a causa dell’elica di prua fuori uso.

Ci assegnano un posto di facile accesso e così anche questa volta ce la caviamo, con il vento che soffia a 25 nodi (37°35.797’N 0°58.759’W).

Il giorno dopo chiamo un meccanico indicatoci dal Marina: gli espongo il problema dell’elica di prua, lui dà un’occhiata e conferma la nostra diagnosi. A questo punto contatto l’Amel per verificare la disponibilità di nuovi ingranaggi conici. Telefono a Hyeres, sede Amel in Costa Azzurra, e mi confermano di avere in magazzino un kit che fa al caso nostro; lo ordino senza indugi ma vengo avvisato che, essendo venerdì, la spedizione non potrà aver luogo prima di lunedì 23 ottobre. Per avere più margine di tempo ed essere sicuro che la consegna avvenga in mia presenza (la brutta esperienza coi copri water, ancora non risolta, insegna), chiedo che il kit venga spedito ad Ibiza.

Da programma abbiamo ben quattro tappe prima di Ibiza: Torreveja, Alicante, Moreira, Formentera. Dovrebbe funzionare.

Ma ancora una volta non si possono fare i conti senza l’oste. Le previsioni meteo ci annunciano un peggioramento: il vento da SW rinforzerà con raffiche fino a 40 nodi!

Sabato 21 salpiamo diretti a Torreveja, a 41 miglia; l’ancoraggio che avevo previsto si rivela riparato, con fondale sabbioso di 4-5 metri (37°58.059’N 0°41.660’W). Da qui in poi il programma subisce parecchie modifiche: restiamo una sola notte e il mattino dopo partiamo per Alicante, dove entriamo in porto e chiediamo assistenza per l’ormeggio; poi la sosta a Moreira viene eliminata perché esposta, e proseguiamo altre 12 miglia fino all’Isla de Portixol dove troviamo un buon ancoraggio (38°45.344’N 0°13.636’E); eliminiamo anche la sosta a Formentera perché esposta e arriviamo a Ibiza il 25 ottobre, un giorno prima del previsto.

Nella traversata da Isla de Portixol a Ibiza Refola si comporta come al solito molto bene, non lasciandosi minimamente turbare né dal vento con raffiche a 30 nodi, che prendiamo al gran lasco, né dall’onda sui 2-3 metri; una bella veleggiata di 9 ore per coprire 63 miglia ed arrivare alle 15.00.

A Ibiza abbiamo prenotato un posto al lussuoso Marina Ibiza, dove troviamo poche barche a vela, moltissimi motoscafi medio grandi, che noi chiamiamo ferri da stiro. Per l’ormeggio veniamo assistiti con un gommone (38°54.831’N 1°26.705E).

Il 27-28 ottobre abbiamo un parziale cambio di equipaggio: scendono per tornare a casa Adolfo e Sara, mentre arrivano Giovanna (che era già stata a bordo da Halifax alle Azzorre) e Laura e Marten, vecchi amici del Paterazzo.

La mattina del 27 ottobre, puntuale come una cambiale, arriva il kit di ricambi dall’Amel. Ci mettiamo subito al lavoro. Verso sera, a lavoro concluso, l’elica di prua funziona perfettamente.

Domenica 29 ottobre salpiamo da Ibiza verso Cabrera, ma questo ve lo racconteremo nella prossima puntata.








domenica 1 ottobre 2023

BENALMADENA, MOTRIL, AGUADULCE

Alle 6.20 di sabato 12 agosto lasciamo il marina di Ceuta in una densa foschia, che si trasforma in nebbia appena fuori dal porto. Procediamo per una ventina di miglia in direzione est, in modo da non incrociare la rotta delle navi; man mano che avanziamo la visibilità migliora. C’è poco vento, andiamo a vela con l’aiuto del motore.

Quando la nebbia è completamente dissolta attraversiamo la rotta delle navi in direzione NE, e procediamo lungo la costa spagnola. Alle 14.30 arriviamo a Benàlmadena: il porto è molto trafficato, perché si liberi il molo di accoglienza vicino al distributore dobbiamo attendere più di un’ora. Alla fine ci viene assegnato un ormeggio nel molo dei “Vip” tra un Amel 60 e un grosso motoscafo a tre piani (36°35.675’N 04°30’774W).

Benàlmadena è una località turistica molto gettonata; il porto privato e i numerosi locali circondati da costruzioni arabeggianti la sera si riempiono di gente.

Riaffrontiamo il problema dell’elica di prua. Per rimontare il motore smontato a Ceuta dobbiamo aspettare lunedì, quando arriverà il cuscinetto. Nell’attesa decido di sfilare l’elica di prua per controllarne lo stato, ma mi si presenta una brutta sorpresa: l’elica è semplicemente sparita! Con tutta probabilità l’abbiamo persa nel porto di Ceuta durante la manovra di ormeggio.

Un’elica di rispetto ce l’ho, ma mi manca il pezzo dove va fissata, dovrò chiedere all’Amel se hanno qualcosa in magazzino, oppure farlo costruire ex novo.

Lunedì 14 agosto arriva il nuovo cuscinetto; lo montiamo ma ovviamente non possiamo provarlo fino a quando non avremo ripristinato l’elica ed il relativo ingranaggio.

Il giorno seguente, ferragosto, Gianca e Cristina ci lasciano per prendere l’aereo per Milano; mentre Angelo rimane in barca Fabrizio ed io facciamo in autobus una gita a Malaga, dove visitiamo il museo di Picasso, la fortezza Alcazaba e la cattedrale. 





C’è molta gente per le strade. Nella via principale centinaia di persone si raggruppano intorno a musicisti di strada, mentre altri gruppi si esibiscono su palchi all’aperto.  




Ci godiamo l’atmosfera festosa fino a rientrare, soddisfatti e stanchi, nel tardo pomeriggio.

Il 16 agosto lasciamo Benàlmadena alle 9.20, diretti a Motril, a 50 miglia. Il vento è debole, sui 5-6 nodi, tiriamo fuori la randa per regalarci un po’ di ombra e stabilizzare la barca, mentre procediamo a motore.

Alle 17.30 arriviamo a destino: ancoriamo nell’avamporto in 3-4 metri di sabbia (36°43.014’N 03°30’704W), protetti dal lungo frangiflutti; accanto a noi ci sono altre due barche, che diventano sei prima di sera.


Giovedì 17 agosto, dopo una notte tranquilla, tiriamo su l’ancora e alle 8.10 lasciamo Motril per l’ultima tappa di questa stagione. Abbiamo due opzioni: Almerimar che ci ha già dato l’ok per due mesi di ormeggio e Aguadulce, 10 miglia più ad est, della quale stiamo ancora aspettando una risposta. Verso le 10 chiamiamo Aguadulce ed otteniamo il loro benestare: “Venite, in qualche modo vi sistemiamo” dice la responsabile Erica.


Alle 16.40, dopo 53 miglia sempre a motore, entriamo ad Aguadulce.  Ci fermiamo alla stazione di rifornimento, accanto alla quale ci sono gli uffici del marina. Firmo il contratto per l’ormeggio di Refola fino al 15 ottobre; facciamo l’ultimo rabbocco di gasolio e raggiungiamo il posto assegnatoci (36°48.860’N 02°33.621’W).


Con l’aiuto di Angelo il giorno dopo riprendo i lavori per rimettere in funzione l’elica di prua, visto che a bordo ho trovato anche un duplicato dell’ingranaggio per fissarla: ci vuole mezza giornata di lavoro, ma l’operazione si conclude con successo!

Dedichiamo gli ultimi due giorni al riposo (poco), tanti piccoli lavoretti, pulizia della barca.

Angelo parte per l’Italia il 21 agosto, Fabrizio il 22.

Restato solo, faccio le ultime lavatrici e preparo la chiusura della barca, tentando di lasciare tutto in ordine. Volo a Venezia il 24 agosto.  

Scrivo questo breve resoconto da casa. Ovviamente sto già lavorando al prossimo trasferimento di Refola: Lilli, che non vedeva l’ora di navigare di nuovo in Mediterraneo, rimane a casa in attesa di essere operata al ginocchio, quindi da solo volerò in Spagna il 10 ottobre, e poi con amici porteremo la barca a Ragusa, in Sicilia.

Alla prossima!

martedì 15 agosto 2023

MADEIRA E POI CEUTA, IN MEDITERRANEO!

Venerdì 28 luglio, di buon mattino, predisponiamo sul plotter la rotta per Madeira e confezioniamo con i documenti e altri piccoli effetti personali la grab bag, cioè la borsa stagna da portare sulla zattera di salvataggio in caso di abbandono nave.

Alle 8.25 tutto è pronto: lasciamo Santa Maria e le Azzorre per riaffrontare l’Atlantico. Per tutto il primo giorno un vento leggero sui 10-13 nodi, che viene da NW e prendiamo al gran lasco, ci regala una velocità media sui 6-6,5 nodi. Nel secondo e nel terzo giorno dobbiamo aiutare le vele col motore; a consolarci gli strepitosi tramonti ma soprattutto, dopo un lungo periodo di pesca infruttuosa, la presa di un bel tonnetto: lo prepariamo crudo, “alla ceviche”, per arricchire l’aperitivo serale.



Alle prime luci dell’alba di lunedì 31 luglio, quarto ed ultimo giorno di navigazione, avvistiamo in lontananza Madeira; vedere terra dopo tanto mare è sempre una bella emozione.

Siamo sospinti da un bel venticello da N-NE sui 10-15 nodi che ci permette di volare a 7 nodi di velocità. Una pacchia che ovviamente finisce non appena cominciamo a costeggiare il versante sud occidentale dell’isola. Dalle 10 del mattino siamo completamente senza vento e avanziamo a motore. Dalle Azzorre avevamo scritto diverse mail per chiedere un ormeggio al marina di Funchal (il capoluogo di Madeira), ricevendo risposte che definirei un po’ vaghe; una volta vicini proviamo a contattarli telefonicamente, con il seguente esito: non hanno posto per la nostra dimensione, ci propongono un ormeggio in seconda fila per un paio di giorni, poi si vedrà. Una soluzione che non mi piace molto, nonostante la comodità di essere a due passi dalla città, dai negozi e dai servizi. Ringraziando decliniamo l’offerta e proseguiamo verso il marina di Quinta do Lorde, dove Lilli da casa aveva già prenotato un posto per Refola. Una distanza di circa 12 miglia che colmiamo in “sole” tre ore e mezzo: tre miglia dopo Funchal infatti, superata Ponta do Garajau che è il promontorio più a sud di Madeira, ritroviamo il vento da NE che non solo è rafforzato sui 20-25 nodi ma ci prende esattamente sul naso, accompagnato da un’onda corta e ripida. Ci avviciniamo alla costa e timoniamo a mano; la situazione migliora un po’ ma comunque con il motore a 2300 giri non riusciamo a superare i 2-3 nodi di velocità.

Finalmente alle 16.30 (ora di Refola), 17.30 local time, veniamo accolti all’ingresso dal gommone del marina che ci fa strada fino al nostro posto in banchina.

Dopo il 2010 ed il 2012, è la terza sosta di Refola a Quinta do Lorde e a distanza di oltre 10 anni l’impressione è che poco sia cambiato. Grazie alle memorie consegnate al nostro blog siamo in grado di riportare quanto scritto a suo tempo.

26 ottobre 2010 (equipaggio composto da Sandro, Lilli, il mitico Gianca, Gigi Baroni del Paterazzo, l’indimenticato Alain): Il Marina di Quinta do Lorde ha circa 200 posti, servizi e accessori sono impeccabili; alle sue spalle, da 3 anni, è in costruzione un villaggio turistico. Le costruzioni sono al grezzo e mancano tutte le infrastrutture, ma dal plastico in mostra all’ufficio vendite si intuisce che il progetto è molto ambizioso. Chiacchierando con l’impiegata apprendiamo che la crisi immobiliare è arrivata anche qui, i prezzi sono molto alti (da 400 a 600 mila € per 90-140 mq) e le vendite languono, come i lavori, del resto…

28 agosto 2012 (equipaggio composto da Sandro, il ligur-trentino Franco, il compianto Enrico di Malaika): alle 16.30 entriamo nel marina Quinta do Lorde, un porticciolo per circa 260 barche, adiacente al quale è in costruzione un villaggio turistico, che dovrebbe essere inaugurato il prossimo novembre. Essendo già stati qui nell’ottobre 2010, ci viene accordato uno sconto del 20% sulla tariffa giornaliera (56 euro/notte compreso acqua e luce).

Quel che vediamo oggi è che sono tuttora in corso grandi lavori di ristrutturazione sia all’interno degli alloggi che nelle parti comuni e sembra che le vendite non siano mai decollate. Un vero peccato, perché il luogo è di grande charme.


Noleggiamo un’auto per tre giorni e ci dedichiamo ad intense attività turistiche (e non solo). Il  primo giorno ci avviamo in direzione ovest; cominciamo da Canical dove visitiamo il museo della balena, molto ben organizzato: vari filmati mostrano le molteplici attività legate alle balene, dalla caccia alla macellazione alla bollitura del grasso ecc. Immagini in buona parte già viste ad Horta, ma che lasciano sempre sgomenti per la loro crudeltà, parzialmente giustificata, all’epoca, dalle necessità di sopravvivenza delle persone del posto. A seguire è la volta del Mirador di Cabo Girao, posto a circa 500 metri di altezza sul livello del mare. Il panorama, come si può facilmente intuire, è mozzafiato.


Prima di tornare in barca, ci fermiamo a vedere Câmara de Lobos, un piccolo e storico villaggio di pescatori che fu il primo insediamento umano a Madeira (fondato tra il 1420 e il 1430) e deve il suo nome al fatto che, all'epoca della scoperta dell'isola, nella cala vi era un gran numero di leoni marini che ancora oggi vi si possono trovare.


Il secondo giorno, per metà giornata, usiamo la macchina per un cospicuo rabbocco alla cambusa; nel pomeriggio riprendiamo il programma turistico con un’escursione a Baia d’Ambra: lunga camminata immersi in un panorama brullo e affascinante, e poi una vista eccezionale.





Il terzo giorno lo riserviamo al versante settentrionale di Madeira: Porto Moniz, Sao Vicente, Ponta Delgada, Santana e vari mirador, ultimo solo in ordine di visita le Red Rocks. Nel complesso ci è risultata la parte più incantevole dell’isola, meno turistica e più selvaggia.




Sabato 5 agosto Angelo, Cristina ed io prendiamo l’autobus per Funchal: notevole il mercato ortofrutticolo e del pesce, la via Santa Maria, con porte e portoni che sono opere d’arte, e per non farci mancare niente prendiamo anche l’autobus scoperto per il giro della città (unico neo: l’audioguida non funzionava).





Domenica 6 festeggiamo l’ultima serata a Madeira con un ricco pasticcio di lasagne al ragù; davanti a noi l’ultimo pezzo di Atlantico, prima di rientrare in Mediterraneo, dopo 11 anni!

La traversata da Madeira verso lo stretto non è una passeggiata: ci sono almeno tre principali elementi critici di cui tenere conto. I primi due sono per così dire “tradizionali”, e Refola li ha già affrontati. Si deve cercare di evitare (il più possibile) il vento dominante, che viene da levante, ed essere preparati in caso contrario ad una dura bolina. Poi occorre studiare la situazione delle correnti nello stretto. Consultate le tavole di marea, individuo la finestra migliore per noi: dobbiamo essere a Tangeri alle 9.00 del giorno 11, in modo di avere per 6 ore una corrente a favore (entrante, di 1-2 nodi), passare lo stretto con la luce del giorno ed arrivare a Ceuta in tempo prima del buio e dell’inversione di corrente.

Come se non bastasse però, da luglio 2020 è entrata in gioco una terza variabile, molto più difficile da trattare: le orche iberiche che attaccano le barche a vela distruggendo i timoni. Più di 200 attacchi, due barche affondate, nessuna possibilità di difendersi o di allontanarle. Ci teniamo informati sull’argomento attraverso il sito www.orcas.pt, e due gruppi facebook creati dai velisti. Fortunatamente da casa Lilli ci comunica che, mentre a luglio le orche hanno attaccato anche oltre le colonne d’Ercole, nei primi giorni di agosto ci sono stati “solo” due attacchi in prossimità dello stretto e sembra che il branco si stia progressivamente spostando in direzione nord, lontano dalla nostra rotta.

Fatte tutte queste valutazioni, la mattina del 7 agosto facciamo rifornimento di carburante ed alle 9.40 salpiamo.

Per tutta la giornata riusciamo ad andare a vela, col vento da N e NNW sugli 8-11 nodi avanziamo alla velocità di 5-6 nodi; dopo le 20 però il vento si riduce e per mantenere questa media dobbiamo accendere il motore.

Alle ore 12 del secondo giorno, 8 agosto, registriamo 160 miglia percorse dalla partenza (le prime 13 + 147 nelle 24 ore).  Abbiamo un venticello da W-NW sui 10 nodi e procediamo al gran lasco.

Il terzo giorno, mercoledì 9 agosto, il vento gira a N-NNW e aumenta di intensità fino a 18-20 nodi; lo prendiamo al traverso, la velocità ha punte di 7,5 nodi. Alle 12 le miglia percorse sono 146.

Più o meno nelle stesse condizioni di vento inizia il quarto giorno, giovedì 10: alle 12 registriamo 154 miglia percorse. Purtroppo però nel primo pomeriggio il vento cala progressivamente fino a ridursi a 5 nodi. Per essere puntuali all’appuntamento dell’indomani con la corrente entrante nello stretto, è fondamentale mantenere la velocità media di 6 nodi: ci dobbiamo aiutare col motore.

Nelle prime ore di venerdì 11 il mio turno è dalle 4.30 alle 6.30; alle 6.00 esce anche Fabrizio, per la mezz’ora di compresenza. È il tratto più delicato dell’intero tragitto, con l’avvicinamento alla costa e l’ingresso nello stretto. Riguardo le orche dovremmo navigare molto vicino a terra, su fondali possibilmente inferiori a 20-30 metri, ma l’altro pericolo sono le reti da pesca.

Verso le 5.30, quando siamo a circa 20 miglia dalla costa del Marocco, vedo davanti alla nostra prua luci lampeggianti rosso e blu. So per esperienza che si tratta di reti molto lunghe predisposte per la pesca dei tonni, ma non c’è nessuno a presenziarle e mi chiedo: sono galleggianti? Più mi avvicino più sento il cuore battere forte, scruto con il binocolo, accosto verso la luce lampeggiante, riduco il numero di giri e rallento la barca, controllo l’acqua davanti a Refola cercando tracce di reti in superficie: non c’è niente, tiro un sospiro di sollievo e riprendo la corsa.

Mentre sulla costa appare ben visibile l’alone luminoso sopra Tangeri, al VHF si sentono i pescatori parlare con le navi per dare istruzioni in modo da evitare le reti: “Please Captain, 2 gradi a dritta, thank you captain”. Sono conversazioni identiche a quelle che sentivamo nel 2009, quando provenienti da Cadice e diretti alle Canarie costeggiammo per una lunga notte il Marocco, incontrando un peschereccio che aveva pensato bene di avvicinarsi a noi in modo per niente rassicurante … ma tutto finì bene.

Alle 6.30 il cielo davanti a noi comincia a farsi chiaro. Quando arriva l’alba la visibilità si fa perfetta ma noi continuiamo ad aguzzare la vista per scorgere le orche: sembra tutto tranquillo … nessuna orca nei paraggi, faccio colazione e ritorno in pozzetto; ho sonno e gli occhi arrossati, ma tengo duro.

Siamo ormai davanti al porto di Tangeri, in perfetto orario rispetto alla tabella di marcia. La situazione è tranquilla: non c’è un grande traffico, procediamo con randa e motore a 1500 giri a 5,5 nodi di velocità, non avvertiamo un grande beneficio dalla corrente, probabilmente perché siamo troppo vicini a terra.  Alle 8.30 mi decido e vado a riposare; dormo come un sasso per un’ora, quando senza sapere perché mi sveglio di soprassalto e mi affaccio in pozzetto. Il Gianca è al timone e sta lottando da un po’ contro un micidiale traffico di imbarcazioni che continuano a tagliare trasversalmente la nostra rotta. Per abbreviare il tempo di percorrenza ha portato il motore a 2300 giri e continua ad imprecare contro le orche (che non ci sono), “Se ne vedo una la mangio viva…” è proprio incazzato! Fortunatamente, superata l’area dei traghettamenti, il traffico scompare e tutto ritorna tranquillo.

Alle 12 registriamo 135 miglia percorse nelle 24 ore.

Alle 14.30 arriviamo a Ceuta dove avevamo prenotato un posto in banchina. La manovra di ormeggio è disturbata dal vento che ci prende al traverso, per contrastarlo ricorro all’elica di prua che purtroppo in poco tempo mi abbandona. Completiamo l’ormeggio e verifichiamo l’accaduto: deve essersi sgranato il cuscinetto sotto il motore. Accidenti! Impossibile pensare di trovarne uno di ricambio a Ceuta. Smontiamo il motore e l’indotto dove è calettato il cuscinetto e decidiamo di partire domani molto presto per raggiungere Benalmadena, a 68 miglia, dove dovremmo trovare il cuscinetto. Una corsa contro il tempo, perché domani, 12 agosto, È SABATO!

OK, non è proprio un finale in bellezza, ma siamo tutti consapevoli che la traversata è andata più che bene. Il problema dell’elica di prua si risolverà. Abbiamo passato per la quinta volta le colonne d’Ercole e, dopo 11 anni, siamo tornati nel Mediterraneo. Complimenti a Refola e al suo equipaggio!